La trasformazione digitale e l’innovazione aiutano i governi ad essere più efficaci, agili, resilienti, responsive e aiutano a guidare la crescita economica, migliorare la qualità della vita e creare comunità sostenibili. In molti casi i dirigenti devono abbandonare la logica tradizionale di gestione delle conoscenze a favore dell’innovazione, che può risiedere all’interno o all’esterno dell’organizzazione, ma deve trovare nuovi modi di gestire l’intero ecosistema in cui i partner complementari coinvolgono nuove soluzioni che possono solo stabilire insieme. I governi del futuro dovranno guidare e creare valore collegando cittadini, imprese e cose. Questo valore sarà misurato attraverso la qualità della vita, la prosperità economica dei cittadini e una perfetta introduzione di servizi governativi ai nativi digitali del paese. Non è più sufficiente essere “citizen-centric” nell’era della digital disruption, ovvero dello “sconvolgimento digitale”: si tratta del cambiamento che avviene nel momento in cui le nuove tecnologie digitali e i modelli di business sviluppati con esse, influenzano il valore aggiunto, la value proposition di prodotti o servizi esistenti.

I servizi governativi devono essere guidati dai cittadini. Il potere del pensiero “Open Innovation” consente un modello operativo fondamentalmente differente per la nostra società, attraverso la tecnologia, l’attività e la democrazia. L’innovazione aperta riguarda la creazione di una piattaforma per l’apprendimento – dove le persone che operano, sviluppano, possono condividere e imparare insieme. Negli affari, questo significa che il mondo aperto può competere in un mondo chiuso.

Anche in Italia l’Open Innovation è ormai un ecosistema complesso, costituito da un crescente numero di startup che vivono di (e quindi offrono) innovazione: a oggi sono oltre 6.000. Il secondo lato del triangolo è costituito dagli investitori tradizionali (fondi d’investimento e di Venture Capital), in cui si registra un crescente interesse verso il mondo delle start up. Il terzo lato è il Corporate Venture Capital (Cvc): il 30% delle start up italiane ricorre a investitori di questo tipo. Il Cvc serve alle corporation per diversificare i propri investimenti, proteggersi da eventuali competitor disruptive, migliorare il core business. C’è al fondo una osmosi virtuosa: le start up innovative hanno bisogno di diventare grandi e le aziende grandi, attraverso il Corporate Venture Capital (Cvc), hanno bisogno di diventare innovative.

Adottare il paradigma dell’Open Innovation mitiga i principali svantaggi del produrre in casa l’innovazione: alti costi, necessità di competenze verticali, time to market allungato. E offre all’impresa quattro benefici fondamentali:

1) Stimola l’innovazione aziendale su temi chiave per il business con input esterni: prodotti, servizi e approcci innovativi, persone “differenti”.

2) Dà accesso a potenziali tecnologie su cui investire, prima dei competitors.

3) Fa aumentare le competenze del management e delle risorse interne in uno scenario di mercato sempre più “digital” e dunque in perenne, rapida trasformazione.

4) Apporta benefici in termini di Csr (Corporate Social Responsability): l’azienda investe parte delle proprie risorse per sviluppare idee e talenti di giovani.