Nella Super Smart Society, la società del futuro inclusiva ed intelligente in cui la tecnologia coesiste in modo sinergico con l’uomo, è essenziale che le soluzioni ai problemi economico-sociali e alle esigenze dei cittadini si adottino seguendo un approccio “pro-innovation”. Qui, sostenibilità e responsabilità sociale si coniugano con l’Open Innovation, e cioè con il concetto di innovazione basato sull’acquisizione di idee e tecnologie dall’esterno.
Questa è stata la visione che ha guidato il dibattito della Sessione Istituzionale “Super Smart Society: come l’utilizzo consapevole delle tecnologie dà vita alla città 5.0” svoltosi in occasione di Citytech (Milano) e moderato da Emilia Garito, CEO di Quantum Leap. A partecipare al dibattito sono intervenuti Nikhil Anand (fondatore di The Aviary Project), Luciano De Propris (Head of Open Innovation & Sustainability del Consorzio ELIS), Michael Dyment (fondatore e Managing Partner di Nexa Capital Partners), Paolo Lobetti Bodoni (Med Automotive & Transportation Leader in EY), Alex Mackenzie Torres (Head of Strategy and Comms per Yamaha Motor Ventures & Laboratory Silicon Valley).
E’ intervenuta in video conferenza dal Giappone anche Yuko Harayama, creatrice del concetto Society 5.0 ed ex membro esecutivo del Consiglio delle Scienze, Tecnologia e Innovazione del Cabinet Office del Governo Giapponese.
La Society 5.0 è umano-centrica e contraddistinta dall’importanza delle tecnologie (robotica, IoT, intelligenze artificiali). A differenza del secolo scorso, oggi la tecnologia non è più un semplice strumento che si limita a sostituire le nostre “mani”, un processo cioè di mera automazione del lavoro che è utilizzabile soltanto con una grande interazione da parte dell’individuo.
Oggi la tecnologia sostituisce le nostre “teste”, agendo in modo sempre più indipendente. È il caso dell’intelligenza artificiale forte (dalla denominazione del filosofo John Searle), ovvero la macchina pensante con capacità cognitive indistinguibili da quelle dell’essere umano, quasi come i robot dell’universo di Asimov. Queste nuove tecnologie che saranno sempre più usate nella Super Smart Society sono pensate per essere funzionali all’uomo del quale potranno agevolare e migliorare la vita, ma solo nella misura in cui l’uomo stesso, dotato dell’adeguato pensiero critico, sarà in grado di usarle a proprio beneficio e soprattutto sarà capace di orientare a proprio vantaggio le scelte industriali dei principali player che stanno investendo in queste tecnologie per poter presto creare nuovi prodotti e servizi.
Un esempio di tecnologia che potrebbe migliorare la vita dell’uomo è quella della Urban Air Mobility, nicchia della mobilità a guida autonoma che presto vedremo essere parte del sistema di mobilità delle nostre Città. Questo è stato uno dei temi affrontati nelle varie sessioni della due giorni di conferenza Citytech. Grazie al survey realizzato da Ernst & Young e grazie al report di Nexa Capital Partners LLC, inoltre, sono emersi dati di mercato sul settore della mobilità aerea e delle esigenze future di mobilità urbana in generale fra domanda potenziale, offerta e modelli di business, evidenziando come il trend di crescita rapida della popolazione e di concentrazione della stessa nei centri urbani rappresentano le esigenze a cui dare una risposta di soluzione ben pianificata. Questo è ciò che stanno progettando le grandi industrie di settore mentre viene posta l’attesa domanda: la mobilità aerea, grazie al progresso tecnologico esponenziale, sarà in grado di risolvere il problema della congestione del traffico e della difficoltà di spostamento per la popolazione del futuro? Nell’edizione Citytech di quest’anno la risposta è stata sì, sebbene con ancora molte barrire da valicare soprattutto in ambito legale e amministrativo, ma si può dire che forse in un futuro nemmeno troppo distante da quel che pensiamo non saremo più tanto stupiti di spostarci da un posto all’altro con un elicottero/drone a guida autonoma che porta sullo sportello laterale il marchio UBER.
Ma in che modo dovrebbe essere implementata tale tecnologia?
L’approccio ideale risultato dalla tavola rotonda è proprio quello dell’Open Innovation.
L’idea di una cultura aperta è essenziale non solo per l’industrializzazione del Paese e per la competitività sui mercati internazionali, ma anche per il benessere dei cittadini e per una crescita economica inclusiva e partecipativa.
I produttori di tecnologia e, più in generale, il mondo industriale, devono essere sempre più orientati a collaborare in questa direzione. Ci sono due tipologie di imprese: quelle leader (che creano innovazione, rivoluzionando il settore in cui operano) e le follower (che si adattano). Chi non si adatta invece è destinato all’uscita dal mercato, a meno che non si tratti di monopoli statali. Per un’impresa, però, non è sempre possibile avere una propria funzione di Ricerca e Sviluppo. Ed è qui che si rivela necessario il dialogo verso l’esterno, affinché le imprese riescano a differenziare e personalizzare la propria offerta.
Non solo il paradigma dello scorso secolo basato sulla standardizzazione estrema dell’offerta produttiva è stato superato, nell’epoca attuale, ma anche il più recente periodo di closed innovation, in cui le innovazioni rappresentavano un vantaggio competitivo da tenere ben stretto come segreto industriale, si è rivelato limitante. Era infatti un sistema chiuso, non inclusivo, non orientato al miglioramento della società e all’ascolto dei gusti e (soprattutto) delle necessità dei clienti ma alla superiorità innovativa rispetto ai competitor. L’economia basata su questo tipo di industria è chiamata “pro-patent”, e si è trasformata negli ultimi anni nella “pro-innovation”.
Ma non basta acquisire invenzioni e tecnologie esterne per parlare di Open Innovation. Bisogna infatti ripensare il proprio modello di business. Solo così si potrà realizzare la Società 5.0 e di conseguenza la Super Smart Society 5.0, che dà valore ad inclusione, innovazione sostenibile e sempre orientata al beneficio dell’uomo e alla sua evoluzione.