L’edizione 2019 di FinTech Talks è stata caratterizzata dal tema “The future is NOW: opportunities and risks from the ongoing revolution”.

All’interno dell’evento, organizzato da Deloitte a Milano, si è svolto il dibattito “Are we using it right? Learning from AI applications in Financial Services”, con Lazaro Campos (co-founder di FinTech Stage) come moderatore, Emilia Garito (CEO di Quantum Leap Ip), Stefano Quintarelli (membro dell’AI High Level Expert Group presso la Commissione Europea) e Arnaud Vincent (CEO di Road-b-Score).

Il dibattito si può vedere per intero sul sito di Deloitte seguendo questo link.

Che cos’è l’Intelligenza Artificiale?

Secondo Arnaud Vincent il termine “intelligenza artificiale” è ambiguo e viene utilizzato senza ben sapere cosa ne faccia parte e cosa no. Vincent preferisce parlare di “machine learning”, specificando che se si utilizza come uno mero strumento statistico per comprendere delle informazioni non si tratta di IA: per considerarla tale è necessario che la macchina ci dia soluzioni di cui non siamo a conoscenza.

Ma che cosa significa davvero IA?

“L’IA è quella disciplina, appartenente all’informatica, che studia i fondamenti teorici, le metodologie e le

tecniche che consentono di progettare sistemi hardware e sistemi di programmi software capaci di fornire

all’elaboratore elettronico prestazioni che, a un osservatore comune, sembrerebbero essere di pertinenza

esclusiva dell’intelligenza umana” – Marco Somalvico, 1987.

Oggi sentiamo parlare continuamente di intelligenze artificiali come innovazioni moderne. La loro esplosione è però il frutto di un passaggio del testimone tra menti brillanti che risale all’antichità. Gli automi semoventi di Erone il Vecchio nel I secolo, le macchine inferenziali duecentesche di Raimondo Lullo, la Pascalina (calcolatore meccanico) inventata da un appena diciottenne Blaise Pascal e il progetto della “ragione meccanica” di Leibniz sono “solo” passi che hanno consentito di arrivare alla tecnologia che vediamo oggi.

La disciplina moderna si sviluppa dagli anni Cinquanta, in particolare con il contributo ben noto di Alan Turing.

Sono stati compiuti incredibili passi avanti dalla macchina di Turing, arrivando all’applicazione attuale delle IA in campi come robotica, medicina, biotecnologie, videogiochi, finanza e azienda, assistenti digitali come Alexa (Amazon) e molto altro. La ricerca offre ancora molte porte aperte, un mondo da esplorare. È recente la notizia di una delle ultime sfide: riuscire a far completare la decima sinfonia di Beethoven a una intelligenza artificiale, opera rimasta incompleta per la morte del noto compositore.

Le novità in ambito IA si susseguono in modo così veloce che l’Unione Europea ha istituito la AI High Level Expert Group all’interno della Commissione Europea, un team interdisciplinare di esperti di cui è membro Stefano Quintarelli, che in FinTech Talks rimarca l’importanza di rispettare linee guida etiche nello sviluppo di intelligenze artificiali. “Lo scopo non è quello di rendere le IA degne di fiducia, ma affidabili”, dice Quintarelli.

Qual è il ruolo dell’uomo verso le IA?

Per Emilia Garito bisogna guidare la tecnologia, non farsi guidare da essa. L’uomo deve avere un ruolo principale, proporre un approccio umano-centrico e ricordare che esistono due mondi. Il primo fatto dai produttori di tecnologie e IA che hanno visioni chiare e conoscenze tecniche, con degli obiettivi da perseguire. Il secondo, invece, è rappresentato dagli utenti delle tecnologie, perciò anche banche, cittadini e policy makers che non riescono ad adattarsi alle tecnologie alla stessa velocità dei produttori del primo mondo. C’è bisogno che gli utenti si approccino in maniera critica nonostante l’asimmetria informativa, cercando la direzione giusta da dare allo sviluppo IA anziché limitarsi a seguire i produttori.

Infatti la vera sfida è capire i veri bisogni della società: sono ciò che si può desiderare liberamente, senza condizionamenti. Perché il rischio è quello di seguire dei bisogni non reali ma creati da altre persone a loro piacimento e per raggiungere i loro scopi.

Più netta invece la posizione di Vincent, che sostiene invece che l’uomo si limiterà a “nutrire” ed educare le IA. L’uomo, per Vincent, è un essere intelligente… Che non ha più bisogno di essere intelligente, dal momento in cui le IA possono esserlo al suo posto. Infatti la IA commette errori e l’uomo si limita a spiegarle dove ha sbagliato, così la macchina imparerà e automigliorerà fino ad arrivare a livelli significativi di indipendenza dall’uomo e, probabilmente, riuscirà a superarlo presto.

Per Quintarelli, invece, l’uomo sarà ancora più importante nell’epoca tecnologica: con la mole imponente di informazioni che le IA acquisiranno e grazie a tecnologie come l’IoT, avremo bisogno di essere più intelligenti per capire come interpretare tali informazioni e cosa farne. Inoltre dovremo creare sistemi ancora più complessi e tecnologie avanzate, quindi tutto rimarrà nelle nostre mani.

Quali aree lavorative saranno rimpiazzate dalle IA?

Emilia Garito ritiene che vi siano aree nelle quali è ancora difficile sostituire la mente umana, come il money management, il risk management, la customer care.

Secondo Arnaud Vincent, invece, ciascuno di noi deve già chiedersi: “Il mio lavoro verrà rimpiazzato da una IA nei prossimi 5-10 anni?”. Ogni impiego che si basa su intelligenza e conoscenza sarà infatti svolto da macchine. “È come la rivoluzione industriale: molte persone che apportavano un valore in fabbrica”, dice Vincent, “Sono state rimpiazzate”.